Nel mondo scientifico e accademico è da anni riconosciuta l’infondatezza e la dannosità delle cosiddette terapie riparative, eppure nel dibattito pubblico questi approcci trovano ancora spazio e sostegno: ecco perché nel 2019 continua ad essere importante parlarne.
Quando si parla di omosessualità in psicologia o psicoterapia, spesso l’attenzione è rivolta esclusivamente all’orientamento sessuale di chi richiede un sostegno psicologico o una psicoterapia. Eppure anche l’orientamento sessuale del clinico gioca un ruolo fondamentale nella relazione terapeutica, a partire dal momento della scelta del/della professionista e lungo l’intero percorso. In questo articolo, vorrei offrire alcuni spunti di riflessione su come l’orientamento sessuale del terapeuta possa influire nel lavoro clinico con pazienti omosessuali.
Parlando di psicologia delle persone gay e lesbiche, credo sia importante andare oltre la specifica identità sessuale e il senso di appartenenza alla comunità LGBT, per approfondire la qualità delle relazioni con le persone eterosessuali. Questo articolo approfondisce il ruolo giocato dagli/dalle eterosessuali che quotidianamente dimostrano solidarietà nei confronti delle persone omosessuali e dei loro diritti. Vedremo come l’atteggiamento “gay-friendly” può rendere possibile una vera inclusione di chi si è scoperto non-eterosessuale.
Attualmente la comunità scientifica non considera più la transessualità come una patologia, eppure nel DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali) si continua a fare riferimento ad essa: perché? Per capire la posizione ufficiale dell’American Psychiatric Association (APA) è importante conoscere la storia dell’inquadramento diagnostico delle persone transessuali. Sono però necessarie alcune premesse fondamentali per comprendere la transessualità, senza cadere in stereotipi o false credenze.
Scrive Riccardo (nome di fantasia), 32 anni: “Salve a tutti, è la prima volta che scrivo in questa sezione. Come qualsiasi altra persona civile ho grande rispetto degli omosessuali, considerandoli a tutti gli effetti uguali agli eterosessuali ed arrivando ad appoggiare il matrimonio e l’adozione gay. Ma ho un grande dubbio al quale penso da mesi, ovvero come ci si organizza quando ci si fidanza con una persona bisessuale.
Essere bisessuali comporta essere attratti da persone di ambedue i sessi, quindi come funziona se uno è bisessuale e l’altro etero? O quando ci si fidanza con un uomo poi lo si tradisce con una donna? Vorrei dei chiarimenti in quanto da etero non è facile relazionarsi con una ragazza bisessuale”.