respiro, fiducia, sintonizzazione, relazione

fattori implicati nell’efficacia delle psicoterapie sarebbero dunque quelli aspecifici, trasversali ai diversi approcci, riconducibili alla relazione tra il paziente e il terapeuta

 

Per Bordin (1979) l’alleanza terapeutica è “un reciproco accordo riguardo agli Obiettivi del cambiamento e ai Compiti necessari per raggiungere tali obiettivi, insieme allo stabilirsi dei Legami che mantengono la collaborazione tra partecipanti al lavoro terapeutico”. Secondo Zetzel (1956), l’alleanza terapeutica è un elemento centrale della relazione d’aiuto. Senza il sentimento di fiducia, il paziente faticherà ad affidarsi al professionista e ad allearsi per lavorare sul cambiamento di difese e conflitti (Lingiardi, 2010).

alleanza terapeutica
un reciproco accordo riguardo agli Obiettivi del cambiamento e ai Compiti necessari per raggiungere tali obiettivi, insieme allo stabilirsi dei Legami che mantengono la collaborazione tra partecipanti al lavoro terapeutico

La capacità del paziente di riporre fiducia nel terapeuta sembra fortemente condizionata dalla qualità della relazione con la figura primaria (Smith, Mserfi, Golding, 2010). Per questo, il professionista ha il compito di adattarsi ai bisogni della persona, offrendosi come figura meritevole di fiducia, capace di donare sicurezza. Il paziente potrà così recuperare nel qui e ora un senso di soddisfacimento dei bisogni primari di rassicurazione e benessere relazionale (Winnicott, 1971; Sandler e Sandler, 2002).

La ricerca di Gazzillo, Genova, Lingiardi e Waldron sul processo ed esito della psicoanalisi (2013) ha indagato quali fattori terapeutici facilitano i cambiamenti della personalità, della sintomatologia clinica e delle funzioni psichiche fondamentali dei pazienti in analisi. I dati rivelano che nelle terapie di maggior successo c’è più coinvolgimento emotivo tra paziente e terapeuta. Inoltre il paziente, percependo l’empatia del terapeuta, riesce a cogliere meglio i suoi interventi per comprendere i propri vissuti (Gazzillo, Genova, Lingiardi, Waldron, 2013).

Da notare che i terapeuti del campione coinvolti in trattamenti di scarso successo hanno condotto anche trattamenti a good outcome (di buon successo). Ciò significa che l’esito della terapia non dipende esclusivamente dalla “bravura” del terapeuta, bensì si gioca nella relazione paziente-terapeuta (Gazzillo, Genova, Lingiardi, Waldron, 2013). “In altri termini, la percezione dell’analista come empatico, il maggior livello di coinvolgimento della diade nella terapia, la maggiore disponibilità del terapeuta a parlare di sé e della propria esperienza, la sua capacità di effettuare interventi diretti e supportivi, la capacità di seguire i mutamenti momento per momento nelle tematiche affettive dei pazienti e di utilizzare in modo complesso le attività analitiche nucleari sembrano differenziare le analisi di maggiore o minore successo” [Gazzillo F., Genova F., Lingiardi V., Waldron S. (2013) “Tecnica classica o approccio 1 relazionale? I risultati in progress di una ricerca su processo ed esito della psicoanalisi”. Relazione presentata al Congresso dell’Am. Psychoanal. Assn., Gen 2013 NY. Dal sito www.spiweb.it].

l’esito della terapia non dipende esclusivamente dalla “bravura” del terapeuta, bensì si gioca nella relazione paziente-terapeuta
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In altri termini, la percezione dell’analista come empatico, il maggior livello di coinvolgimento della diade nella terapia, la maggiore disponibilità del terapeuta a parlare di sé e della propria esperienza, la sua capacità di effettuare interventi diretti e supportivi, la capacità di seguire i mutamenti momento per momento nelle tematiche affettive dei pazienti e di utilizzare in modo complesso le attività analitiche nucleari sembrano differenziare le analisi di maggiore o minore successo

Questi elementi permettono una maggior partecipazione del paziente al processo terapeutico. In più la sua crescente capacità di apprendere da se stesso favorisce un esito positivo del trattamento (Gazzillo, Genova, Lingiardi, Waldron, 2013).

Il sentimento di fiducia ricercato nella relazione terapeutica può essere suscitato anche a partire da qualcosa di molto semplice, naturale e fisiologico: la respirazione. Entrare in contatto con il proprio respiro permette di trovare conferma di essere connessi alla propria vita. Soprattutto quando si ha bisogno di riavvicinarsi a se stessi, sciogliere tensioni, sentire di potersi muovere liberamente avendo allo stesso tempo stabilità, sintonizzarsi con l’altro e con l’ambiente (P.J. Hackney, 1998).

La respirazione avviene in modo automatico, ma è in stretta relazione con emozioni e pensieri. I cambiamenti degli stati interni possono influenzare il respiro, e viceversa una respirazione regolata da un’intenzione cosciente può influenzare i sentimenti e i pensieri (P.J. Hackney, 1998). Ciò significa che, nella relazione d’aiuto, il respiro può essere un prezioso alleato per stare con il paziente e sintonizzarsi con la sua esperienza del centro in modo empatico (P.J. Hackney, 1998).

 cambiamenti degli stati interni possono influenzare il respiro, e viceversa una respirazione regolata da un’intenzione cosciente può influenzare i sentimenti e i pensieri
il respiro può essere un prezioso alleato per stare con il paziente e sintonizzarsi con la sua esperienza del centro in modo empatico

Prestare attenzione alle variazioni del ritmo respiratorio del paziente consente al professionista di sentire se la persona che ha di fronte è in contatto o meno con il suo centro. Se è bloccata dall’apnea e dalla tensione muscolare. Se è affannata dal respiro corto che non permette di espirare ed eliminare le scorie. A partire da queste osservazioni, il professionista può compensare le difficoltà del paziente a livello non verbale. Ad esempio può allentare la rigidezza posturale e mostrare un’esperienza di peso e flusso libero, per influenzare il paziente e consentigli di cedere alla gravità e respirare (K. Bloom, 2007).

il professionista può compensare le difficoltà del paziente a livello non verbale. Ad esempio può allentare la rigidezza posturale e mostrare un’esperienza di peso e flusso libero, per influenzare il paziente e consentigli di cedere alla gravità e respirare

Molte persone faticano a respirare, a volte per motivi di natura organica o posturale, altre volte per difficoltà a gestire le emozioni (P.J. Hackney, 1998). Proprio per questa difficoltà diffusa ad entrare in contatto con il centro e a lasciar fluire liberamente il respiro e le emozioni (K. Bloom, 2007), è importante che il terapeuta si sintonizzi con il ritmo del respiro che il paziente riesce a sostenere. Respirare insieme a lui può creare una connessione diadica che trasmetta quel sentimento di fiducia necessario per dare fiato e prendere fiato.

è importante che il terapeuta si sintonizzi con il ritmo del respiro che il paziente riesce a sostenere. Respirare insieme a lui può creare una connessione diadica che trasmetta quel sentimento di fiducia necessario per dare fiato e prendere fiato

Alla luce della ricerca sopra citata sui fattori che facilitano l’esito positivo del trattamento terapeutico (Gazzillo, Genova, Lingiardi, Waldron, 2013), possiamo dire che lo sguardo al respiro di paziente e terapeuta può cogliere ciò che avviene nella relazione (K. Bloom, 2007). Il respiro in terapia può favorire la sintonizzazione empatica, il coinvolgimento della diade e il sentimento di fiducia che consente di aprirsi a una condivisione profondamente autentica. In quest’ottica, quando l’alleanza terapeutica porta il paziente ad avere la fiducia di respirare liberamente alla presenza del terapeuta, allora ci sono buone possibilità di lavorare sul cambiamento e realizzare gli obiettivi della terapia (Gazzillo, Genova, Lingiardi, Waldron, 2013).

lo sguardo al respiro di paziente e terapeuta può cogliere ciò che avviene nella relazione
può favorire la sintonizzazione empatica, il coinvolgimento della diade e il sentimento di fiducia che consente di aprirsi a una condivisione profondamente autentica

 

 

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