I buoni propositi aiutano ad attivare le energie per migliorare la qualità della vita, ma spesso si tratta di un entusiasmo che dura poche settimane, generando frustrazione e sensi di colpa. Esistono però alcune strategie per aumentare notevolmente le probabilità di realizzare i cambiamenti desiderati: scopriamo quali sono.
La consapevolezza delle emozioni è un fattore protettivo per il benessere psicologico di bambini e adolescenti. La letteratura scientifica evidenzia infatti un legame tra una scarsa consapevolezza delle emozioni e lo sviluppo di sintomi come ansia e depressione. Questo ha importanti implicazioni per i programmi di prevenzione rivolti a bambini e adolescenti sul tema delle emozioni.
Le persone che si rivolgono a un professionista della relazione d’aiuto o della salute mentale sono mossi da motivazioni uniche e personali, ma provando a cercare i bisogni comuni, si può dire che esse si presentano come emotivamente perturbate da stimoli interni o esterni, e chiedono aiuto per recuperare uno stato di sicurezza e benessere, che nel qui e ora non riescono ad attualizzare (Sandler e Sandler, 2002).
Gli studi sull’efficacia delle psicoterapie attestano che il 70-80% dei pazienti ottengono benefici indipendentemente dall’orientamento teorico del terapeuta (Gazzillo, Genova, Lingiardi, Waldron, 2013). Tutti i trattamenti sono efficaci, ma nessuno è più efficace di altri. I fattori implicati nell’efficacia delle psicoterapie sarebbero dunque quelli aspecifici, trasversali ai diversi approcci, riconducibili alla relazione tra il paziente e il terapeuta. I fattori più indagati sono l’alleanza terapeutica e l’empatia percepita dal paziente (Gazzillo, Genova, Lingiardi, Waldron, 2013).
Scrive Barbara (nome di fantasia) 39 anni: “Sono mamma di Teresa (nome di fantasia) di otto anni e Gabriele (nome di fantasia) di nove mesi. Il mio problema è nella gestione del rapporto con Teresa che è sempre più gelosa del suo fratellino. Inizialmente era abbastanza tranquilla ma con il passar del tempo ha cominciato ad avere un calo di rendimento scolastico. Poi addirittura non sopportava che invitassi i nonni a casa perché dovevo essere tutta per lei! Dottoressa adesso mi dice apertamente che da quando è arrivato Gabriele non ho più tempo per lei, non la abbraccio, non sono più soltanto sua… diventa ingestibile in presenza anche solo del padre, non mi ascolta, mi racconta bugie su bugie, mi mortifica… Mi aiuti ad imparare a gestire il rapporto con mia figlia, perché io non faccio altro che punirla… Grazie!”.
Scrive Antonio (nome di fantasia): “Buongiorno, sono il papà di Davide (nome di fantasia), 10 anni, frequentante la quinta elementare. Davide presenta alcuni problemi (disturbi? Atteggiamenti normali?) che cercherò di spiegare come meglio riesco. È molto agitato, gli riesce difficile stare fermo (a leggere, fare i compiti); ha problemi di attenzione e concentrazione, sembra sempre iperattivo. Inoltre “mastica” convulsamente penne, gomme, matite; mette in bocca tutto poi (cerniere, maglie). A volte agiamo con punizioni (TV, giochi elettronici) quando viene ripreso da maestre, e/o quando non si comporta bene in casa. Caratterialmente sembrerebbe un po’ debolino, ma in diverse occasioni, scolastiche e non, dimostra una buona intelligenza, proprietà di linguaggio ecc. Potrebbe essere un problema organico (tiroide)? Come potrei aiutarlo, come genitore/educatore? Grazie”
Scrive Simona (nome di fantasia), 42 anni: “Vorrei chiedere un consiglio da mamma separata che sta vivendo per la prima volta il periodo natalizio dopo la separazione. Mio figlio Andrea ha 6 anni e credo stia soffrendo molto in questi giorni. So che avrebbe voluto festeggiare il Natale con la famiglia riunita, invece io e il padre abbiamo deciso di fare festeggiamenti separati. Andrea ha trascorso Natale con me, il mio compagno e i nonni materni, e per Santo Stefano è stato col padre, la sua compagna e i nonni paterni. Gli accordi sono che resterà con me fino a Capodanno, mentre starà con suo padre i primi giorni di gennaio.
Da genitori abbiamo preso questa decisione in buona fede. Volevamo evitare l’ipocrisia di riunirci di nuovo solo per il pranzo di Natale, e non volevamo dare ad Andrea la falsa speranza che io e suo padre potessimo tornare insieme. Ora temo di aver fatto la scelta sbagliata, perché nei giorni di festa ho visto lo sguardo triste e deluso di mio figlio, e da madre questo mi ha distrutta. Inizio a pensare di essere stata egoista e di non aver pensato al suo bene. Ma poi cerco di giustificarmi pensando che la nostra quotidianità ormai è così, e non voglio confondere Andrea, soprattutto ora che io e suo padre abbiamo nuove relazioni.
Cerco un suggerimento per rimediare a questa situazione ed eventualmente organizzare meglio il prossimo Natale, chiedo consiglio alla psicologa, grazie”.
Scrive Erica (nome di fantasia), 33 anni: “Sono una giovane mamma e sto avendo qualche problema nel gestire l’arrivo del mia seconda figlia Elena, ora di 10 mesi, da parte della mia primogenita Martina, di 4 anni. Da quando Elena è arrivata a casa, Martina è diventata assolutamente ingestibile, è evidente la sua gelosia. E’ irrequieta e quando gioca lancia per la stanza tutto quello che le capita a tiro e poi si rifiuta di riordinare. L’impressione è che voglia indispettire apposta me e mio marito.
Sono molto preoccupata anche per il rapporto tra le mie figlie. Mi è capitato di vedere Martina abbracciare Elena così forte da temere che la strozzasse. Questo mi rende difficile creare momenti di gioco che coinvolgano entrambe per paura che la piccola si faccia male. In tutto questo, io e mio marito stiamo rivolgendo a Martina molte attenzioni per cercare di smorzare la sua gelosia nei confronti di Elena. Ma mi sembra che stia diventando estremamente viziata e che pretenda sempre di più.
Come possiamo gestire la situazione perché le nostre figlie possano andare d’accordo ed essere entrambe serene?”.
Scrive Marina (nome di fantasia), 33 anni: “Sono mamma di Vittorio (nome di fantasia), un vivace bambino di tre anni e mezzo. Purtroppo Vittorio fa molta fatica ad addormentarsi la sera. Spesso si sveglia nel cuore della notte e poi si riaddormenta in non meno di mezzora. Io e mio marito siamo esausti di questa situazione. In casa non riesce a dormire bene nessuno, e di giorno la stanchezza e il nervosismo si fanno sentire.
Il pediatra dice che non ci sono problemi di salute, e che dobbiamo curare di più il momento dell’addormentamento creando un rituale sempre uguale. Questo però è più facile a dirsi che a farsi, perché appena lo lasciamo solo nella sua cameretta Vittorio si riattiva e viene nel lettone. Per ora l’unica soluzione che funziona è stare in camera sua finché dorme profondamente, oppure lasciarlo addormentare nel lettone e poi spostarlo nel suo lettino. Ma così appena si sveglia corre a cercarci di nuovo con agitazione. Cosa suggerisce la psicologa? Grazie”
Scrive Giada (nome di fantasia), 33 anni: “Inizio a preoccuparmi seriamente per mio figlio Giacomo (nome di fantasia) di 6 anni, perché da quasi un anno ha un amico immaginario con cui interagisce quotidianamente. Mi è stato detto che è solo una fase passeggera e che non c’è da preoccuparsi visto che gioca anche con i compagni reali. Però sentirlo parlare da solo nella sua stanza la sera prima di addormentarsi mi inquieta parecchio. A volte mi sembra che si perda nel suo mondo anche quando siamo in macchina, e se gli chiedo a che cosa sta pensando risponde “a niente”, ma qualche minuto dopo ammette di aver parlato con il suo amico immaginario usando la forza del pensiero. Quando succede sono davvero in imbarazzo e non so come comportarmi. Da mamma che cosa posso fare? Dovrei portarlo da uno psicologo?“.