È più che mai attuale l’argomento hate speech, soprattutto sui social network.
Ma anche la vita reale ci immerge costantemente in interazioni particolarmente aggressive, maleducate e ostili. Questo non vale solo per gli sconosciuti in situazioni come la guida, le file, i mezzi pubblici, ecc. Chiunque avrà in mente almeno una persona (familiare, collega, amica) che è solita rivolgersi agli altri con modi e toni sgarbati. E che fa passare questo atteggiamento come una manifestazione di forza.
Oltre ad essere l’arte del movimento, la danza è un’attività capace di fare bene al corpo e all’anima al punto di essere prescritta dai medici inglesi come se fosse un farmaco. Le evidenze scientifiche sono tutte favorevoli a premiare la danza per i suoi effetti positivi sull’umore, l’immagine corporea, le relazioni, il sistema cardiocircolatorio, il peso corporeo, la plasticità neuronale… Insomma, ballare favorisce un miglioramento della salute psicofisica.
Il sistema sanitario inglese ha raccolto le osservazioni dei medici di base su chi frequentava più spesso i loro studi.
I buoni propositi aiutano ad attivare le energie per migliorare la qualità della vita, ma spesso si tratta di un entusiasmo che dura poche settimane, generando frustrazione e sensi di colpa. Esistono però alcune strategie per aumentare notevolmente le probabilità di realizzare i cambiamenti desiderati: scopriamo quali sono.
Attualmente la comunità scientifica non considera più la transessualità come una patologia, eppure nel DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali) si continua a fare riferimento ad essa: perché? Per capire la posizione ufficiale dell’American Psychiatric Association (APA) è importante conoscere la storia dell’inquadramento diagnostico delle persone transessuali. Sono però necessarie alcune premesse fondamentali per comprendere la transessualità, senza cadere in stereotipi o false credenze.
Scrive Erica (nome di fantasia), 33 anni: “Sono una giovane mamma e sto avendo qualche problema nel gestire l’arrivo del mia seconda figlia Elena, ora di 10 mesi, da parte della mia primogenita Martina, di 4 anni. Da quando Elena è arrivata a casa, Martina è diventata assolutamente ingestibile, è evidente la sua gelosia. E’ irrequieta e quando gioca lancia per la stanza tutto quello che le capita a tiro e poi si rifiuta di riordinare. L’impressione è che voglia indispettire apposta me e mio marito.
Sono molto preoccupata anche per il rapporto tra le mie figlie. Mi è capitato di vedere Martina abbracciare Elena così forte da temere che la strozzasse. Questo mi rende difficile creare momenti di gioco che coinvolgano entrambe per paura che la piccola si faccia male. In tutto questo, io e mio marito stiamo rivolgendo a Martina molte attenzioni per cercare di smorzare la sua gelosia nei confronti di Elena. Ma mi sembra che stia diventando estremamente viziata e che pretenda sempre di più.
Come possiamo gestire la situazione perché le nostre figlie possano andare d’accordo ed essere entrambe serene?”.
Scrive Marina (nome di fantasia), 33 anni: “Sono mamma di Vittorio (nome di fantasia), un vivace bambino di tre anni e mezzo. Purtroppo Vittorio fa molta fatica ad addormentarsi la sera. Spesso si sveglia nel cuore della notte e poi si riaddormenta in non meno di mezzora. Io e mio marito siamo esausti di questa situazione. In casa non riesce a dormire bene nessuno, e di giorno la stanchezza e il nervosismo si fanno sentire.
Il pediatra dice che non ci sono problemi di salute, e che dobbiamo curare di più il momento dell’addormentamento creando un rituale sempre uguale. Questo però è più facile a dirsi che a farsi, perché appena lo lasciamo solo nella sua cameretta Vittorio si riattiva e viene nel lettone. Per ora l’unica soluzione che funziona è stare in camera sua finché dorme profondamente, oppure lasciarlo addormentare nel lettone e poi spostarlo nel suo lettino. Ma così appena si sveglia corre a cercarci di nuovo con agitazione. Cosa suggerisce la psicologa? Grazie”
Scrive Antonio (nome di fantasia), 48 anni: “Io e la mia famiglia siamo rientrati da poco in città, dopo aver passato le vacanze dai parenti in Puglia. Dopo così tanto tempo siamo tutti sconvolti all’idea di non vedere più il mare dalla finestra. Io e mia moglie adoriamo viaggiare e conoscere posti nuovi, ed ora si fa sentire la pesantezza di tornare qui e riprendere il lavoro a pieno ritmo. I nostri due figli riprenderanno tra poco le scuole superiori, ma sentono la mancanza dei loro cugini e amici che vedono ogni estate. In più devono ufficialmente riprendere i libri e studiare per tutto l’anno.
So che il rientro è sempre pesante per tutti, ma noi non siamo andati semplicemente in vacanza. In Puglia abbiamo una parte della nostra vita che adoriamo e che è completamente diversa da quella che viviamo qui per il resto dell’anno. Già aspettiamo con ansia la prossima estate, ma fino ad allora dobbiamo rimanere in città a svolgere i nostri doveri. Esiste qualche modo per riprendere in fretta i ritmi lavorativi e dimenticare un po’ l’atmosfera da vacanza che ci fa tanto sospirare?”
Scrive Lorenzo (nome di fantasia), 36 anni: “Questo periodo è molto duro per me e la mia compagna. Quasi tutti i nostri amici sono in partenza per le vacanze, c’è chi è già stato via e riesce a ripartire. Sui social vediamo continuamente foto di grandi e piccole fughe estive. Per noi questo è piuttosto pesante, perché siamo precari e non possiamo permetterci di viaggiare come vorremmo.
Ora stiamo cercando di organizzare una piccola vacanza low-cost, ma questo è più stressante che piacevole perché dobbiamo calcolare anche le più piccole spese. Per me è assurdo vivere male un momento di stacco che dovrebbe rilassarci. Vista la situazione rischiamo di tornare dal viaggio più stressati di prima, quindi siamo in dubbio se partire davvero o rinunciare e restare a casa. Questa idea non ci entusiasma ma di certo ci farebbe risparmiare soldi e stress per organizzare tutto.
Che cosa suggerisce la psicologa?”
Scrive Daniele (nome di fantasia), 18 anni: “Sto vivendo l’incubo dell’esame di maturità. Incubo nel vero senso della parola, mi sono già sognato di trovarmi di fronte alla commissione e fare scena muta. Ammetto di non essere esattamente lo studente modello, i professori mi hanno sempre rimproverato di non dedicarmi abbastanza allo studio. Sinceramente non ho mai puntato a qualcosa di più della sufficienza, preferendo decisamente dedicare il mio tempo ad altro. Ora però l’ansia da maturità si fa sentire, la mole di materiale da ricordare è immensa, e non posso certo recuperare in questi giorni tutto quello che non ho fatto durante l’intero anno.
C’è qualche metodo più efficace di altri per prepararsi al meglio agli esami? Meglio se studio da solo o se mi trovo con altri compagni? E come evito di farmi prendere dal panico e fare scena muta come nel mio incubo? Grazie”.